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Il Santuario di Nostra Signore del Monte è luogo di antichissimo culto mariano. Tradizionalmente se ne fa risalire l’origine all’anno 958, con la presenza di una cappella dedicata alla Vergine già oggetto ab immemorabili di venerazione da parte della popolazione. La prima notizia documentale esistente risale al 1183 ed attesta la costruzione di una nuova chiesa, forse intitolata all’Assunta, edificata accanto alla primitiva cappella dai Canonici Regolari di S. Croce di Mortara (Mortariensi) provenienti dal sottostante priorato di S. Giovanni in Paverano. Accanto alla chiesa fu costruito un piccolo cenobio, del quale nel 1970, durante lavori di restauro al convento, vennero alla luce alcuni resti.

Abbandonata in seguito dai Mortariensi, la chiesa fu affidata in commenda ad un canonico della Cattedrale di S. Lorenzo, e successivamente, all’inizio del XV sec., alla Consorcia di Santa Maria del Monte, che diventerà poi Arciconfraternita della SS. Concezione. A capo di questo sodalizio laicale nel 1443 vi era il Doge di Genova Raffaele Adorno, il quale inviò una supplica al Papa Eugenio IV in cui denunciava lo stato di abbandono del Santuario e chiedeva al Pontefice di concedere il luogo ai frati minori Osservanti, da pochi anni insediatisi nella vicina località di Marassi a seguito del Capitolo Generale dell’Ordine che si tenne a Genova nel 1440. I frati quindi, in virtù della bolla papale Sincerum habentes presero possesso del Santuario il 13 settembre del 1444, nella nuova chiesa e convento ricostruiti nel frattempo a spese dello stesso Doge, e vi introdussero la venerata Effigie della Vergine col Bambino, opera dello scultore senese Francesco di Valdambrino (1363 – 1435), secondo la tradizione donata ai frati da S. Bernardino da Siena. Il Doge Adorno donò ai frati anche un consistente  appezzamento della cosiddetta “selva” che circondava la collina, ideale luogo di ritiro, meditazione e preghiera secondo la primitiva tradizione francescana sull’esempio degli eremi tosco-umbri. Un’ulteriore porzione del bosco fu donata successivamente dal nobile Accellino Salvago. Regista di tutta l’operazione fu senza dubbio frate Francesco da Napoli, confessore del Doge Adorno, che divenne primo guardiano del convento.  

 

 

La tradizione vuole che eventi straordinari accompagnassero la presenza francescana in questo luogo: luci misteriose, interpretate come segno di presenza soprannaturale, furono viste nel 1440, poi nel 1525 nella notte che precedeva la festa di S. Michele e nel 1566, la notte precedente la festa di S. Francesco.

Per un certo periodo, a cavallo tra il XV e il XVI secolo la chiesa cambiò denominazione e venne intitolata alla SS. Annunziata, devozione tipicamente Osservante, ma all’inizio del XVI secolo, con il passaggio del convento all’altro ramo francescano dei Riformati, ritornò al precedente nome di S. Maria del Monte, titolo che è rimasto fino ad oggi.

Nella seconda metà del Quattrocento e nel Cinquecento vennero realizzate opere parziali di ristrutturazione per adeguare la chiesa ad accogliere le cappelle laterali acquistate dalle famiglie nobili della città e destinate alla loro sepoltura. Tra queste si distinguono i Salvago, i Cattaneo, i De Fornari, gli Invrea e i Fieschi Raggio, che arricchirono il Santuario di alcune notevoli opere che si ammirano tuttora.

Nel 1582 il Santuario accolse il Visitatore Apostolico Mons. Francesco Bossio, incaricato dal Papa di verificare la corretta applicazione dei dettami del Concilio di Trento, il quale lasciò puntuali e categoriche indicazioni per l’adeguamento della chiesa. A seguito di ciò, all’inizio del Seicento furono avviati importanti lavori di ricostruzione del Santuario sotto la direzione dell’architetto Giovanni Battista Grigo. Su incarico della famiglia Saluzzo fu ricostruita in forme barocche la parte absidale, comprensiva dello scurolo per accogliere la statua della Vergine e del presbiterio e coro soprastanti, terminati nel 1630. Successivamente, tra il 1654 e il 1658 furono ricostruite le navate (ad opera della famiglia Negrone) e le cappelle laterali, che furono date in giuspatronato agli stessi Negrone, ai Durazzo, ai Grimaldi, ai Vivaldi e da questi furono arricchite di opere dei maggiori pittori genovesi del Seicento, tra cui Domenico Fiasella e Giovanni Battista Carlone. Sei Dogi della Repubblica furono sepolti al Monte, nelle Cappelle delle rispettive famiglie, a testimoniare l’accresciuta importanza del Santuario nella devozione dei genovesi e negli equilibri socio-politici della Repubblica. Nel corso dei secoli titoli e giuspatronati delle cappelle mutarono più volte, e con essi la collocazione delle opere ivi contenute.

Risale alla metà del 1700, sempre per opera dei Saluzzo e di altri benefattori, la sistemazione della salita detta “nuova”, che collega tra loro le cappelle della Via Crucis e dei misteri del Rosario e giunge al sagrato del Santuario. Il convento subì diversi ampliamenti nei corso dei secoli, per soddisfare i bisogni dei frati che vi abitavano e che arrivarono a raggiungere le cinquanta unità nel periodo di maggior splendore.

Passati quasi indenni i periodi difficili della storia sette-ottocentesca, caratterizzata dall’invasione austriaca prima e dalle soppressioni degli ordini religiosi poi, il Santuario rifiorì nel Novecento con una poderosa ripresa della devozione dei fedeli e dell’attività dei frati. Negli anni Quaranta del Novecento, nell’ambito di importanti lavori di restauro in occasione del millenario del Santuario, furono realizzati gli affreschi della navata centrale e del presbiterio. Nel 1946 Papa Pio XII con il Breve Antiquitatis Monumentum insignì il Santuario del titolo di Basilica Minore.